Illegittima aggiudicazione di appalti pubblici

La responsabilità per danni conseguenti all’illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa.

Tar Sicilia, Palermo, Sez. III, 17/05/2023, n. 1647

Il Tar Sicilia ricorda come la responsabilità per danni conseguenti all’illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richieda la prova dell’elemento soggettivo della colpa, giacché la responsabilità, negli appalti pubblici, è improntata – secondo le previsioni contenute nelle direttive europee – a un modello di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l’esigenza di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio.

La società ricorrente ha chiesto la condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno cagionato dalla illegittima aggiudicazione dell’appalto in favore di raggruppamento controinteressato, quantificandolo in € 54.368,25, per mancato utile, ed € 38.288,29, a titolo di perdita di chances.

Tar Sicilia, Palermo, Sez. III, 17/05/2023, n. 1647, accoglie il ricorso:

Il ricorso è fondato e merita accoglimento, nei termini che saranno di seguito precisati.

Attesa l’acclarata illegittimità del provvedimento di ammissione in gara dell’aggiudicataria, in applicazione dell’art. 124 c.p.a., l’amministrazione appaltante deve essere condannata a risarcire per equivalente la ricorrente del danno da questa patito a causa della mancata aggiudicazione.

Con riferimento, in particolare, al profilo soggettivo dell’illecito lamentato dalla ditta ricorrente, occorre rilevare che, ai fini del risarcimento del danno in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, dopo la nota sentenza 30 settembre 2010, C 314/09 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non assume più rilievo il carattere colpevole della condotta della pubblica amministrazione e ciò anche quando si tratti di appalti sotto soglia comunitaria (Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686).

È, invero, ormai consolidato l’indirizzo del giudice amministrativo, per il quale “per unanime indirizzo della giurisprudenza amministrativa, la responsabilità per danni conseguenti all’illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa, giacché la responsabilità, negli appalti pubblici, è improntata – secondo le previsioni contenute nelle direttive europee – a un modello di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l’esigenza di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio” (cfr. ex multis, C.d.S., sez. IV, n. 912/2021).

Devono, dunque, trovare applicazione, nella presente fattispecie, di tali, consolidati principi, in assenza dei quali si sarebbe potuto dubitare della sussistenza nel caso in esame dell’elemento soggettivo della colpa, tenuto conto di quanto il tema dei limiti all’avvalimento sia stato oggetto di opinioni discordanti e, soprattutto, alla luce della giurisprudenza europea, anche recentissima e specificamente riferita ai limiti all’avvalimento da parte della mandataria (cfr. Corte di Giustizia Europea, 28 aprile 2022, C-497/20).

Quanto all’ammontare del risarcimento per equivalente, il collegio, richiamata la sentenza del Consiglio di Stato, Ad. plen. n. 2/2017 e rammentato che il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell’aggiudicazione impugnata e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver utilizzato o potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa, rileva che, in difetto di tale dimostrazione, può presumersi che l’impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori ovvero che li avrebbe potuto riutilizzare, usando l’ordinaria diligenza dovuta, al fine di non concorrere all’aggravamento del danno (cfr. C.G.A. n. 688/2022).

Nella specie, il risarcimento per equivalente va dunque stabilito in ragione del 5% commisurato all’importo posto a base d’asta, diminuito della percentuale di ribasso contenuta nell’offerta della ricorrente, atteso che l’impresa ricorrente non ha dimostrato l’assenza dell’aliunde perceptum vel percipiendum (cfr. C.G.A. n. 688/2022).

Alla somma che sarà così determinata dovranno essere aggiunti rivalutazione e interessi, secondo quanto stabilito al par. 47. della sentenza Cons. St., Ad. Plen. n. 2/2017.

Quanto al danno curricolare, osserva il collegio che questo, secondo la giurisprudenza dominante (recepita dalla stessa pronuncia dell’Adunanza Plenaria 12 maggio 2017 n. 2, paragrr. 41 sub h) e 44), può essere riconosciuto solo se specificamente dedotto e provato, dovendo il creditore offrire una prova puntuale del nocumento che asserisce di aver subito per il mancato arricchimento del proprio curriculum professionale.

Nella presente fattispecie, in mancanza di tale prova, tale pretesa risarcitoria va disattesa.

Scritto da Roberto Donati

Fonte: https://www.giurisprudenzappalti.it/