Avv. Raffaella Marini
Funzionario giuridico amministrativo presso la U.O. Demanio – Comune di Pesaro
Per comprendere la natura delle concessioni demaniali marittime, ciò che oggi sono e ciò che domani potranno o meno essere, è doveroso indagare la fattispecie giuridica e la scaturigine delle connesse problematiche, cui la pubblicità mediatica fa costante riferimento.
E’ un linguaggio quello che comunemente si adopera, che raggruppa termini spesso utilizzati come sinonimi, aggrovigliando parole come servizio, concessione, scarsa risorsa, evidenza pubblica e non solo. Nella confusione insorta è fallito l’incastro fra i singoli pezzi, come un puzzle scomposto, con fattispecie ad oggi prive di un ordine esatto di collocazione e quindi incapaci di realizzare il quadro definito.
Il punto di inizio dell’approfondimento è l’oggetto stesso dell’approfondimento: la concessione. L’osservazione della realtà (ovvero l’atto attraverso cui la volontà amministrativa si manifesta, la composizione degli interessi concreti coinvolti, l’individuazione delle norme dell’ordinamento giuridico di riferimento) sta all’origine delle discendenti considerazioni.
Serve rinunciare all’abitudine di separare anziché unire, ai toni della polemica (pro o contro i bagnini), alle opinioni già costruite, perché tutto questo, più che coincidere con la palpabile evoluzione dei beni giuridici tutelati, porta alla ripetizione di concetti lontani da visioni condivise, perché solo finalizzate ad avere ragione in forme di contrapposizione insanabile.
L’apparente contrasto fra potere legislativo e potere giudiziario potrebbe spiegarsi come effetto di un’immaginaria impuntatura fra la forma granitica della concessione ed il progressismo di respiro europeo.
Per il diritto italiano le concessioni demaniali marittime odierne non sono concessioni di servizi e non sono appalti di servizi, ma concessioni di uso e godimento di bene pubblico demaniale, dato in gestione a soggetti terzi.
Se tali sono nella forma e nella sostanza, come possono venir trasformate in concessioni di servizi demaniali marittimi (quali?) da appaltare a terzi, seppur materia esclusa dall’applicazione del codice appalti?
Nella specie il gestore di stabilimento balneare che paga un canone di occupazione di bene demaniale su cui esercita la propria impresa, come trasmuta – nella sostanza – in concessionario uscente di servizio demaniale marittimo?
Da vent’anni ormai ogni governo succedutosi non è riuscito nella trasformazione auspicata, quindi non ha tradotto e riformato l’annunciato cambiamento.
Si è visto, piuttosto, costretto a “prendersi il tempo” per “non fare scadere” le concessioni in essere (la scadenza tronca il rapporto giuridico senza continuità e implicherebbe l’incameramento senza corrispettivo dei manufatti non amovibili, ancora privi di destino) e per coniugare fra loro, fattispecie giuridiche al momento dissimili come la concessione e il servizio.
Le forzature e le riforme sulla carta hanno dimostrato la loro infruttuosità. Non si può dimenticare ciò che accadde in ragione della dichiarata incostituzionalità dell’art. 177 del D.Lgs 50/2016 (sentenza n. 218/2021 Corte Cost.) avente ad oggetto l’evolversi “trasformativo” della concessione di servizi: si riconobbe che il perseguimento della tutela della concorrenza incontra pur sempre il limite della ragionevolezza e della necessaria considerazione di tutti gli interessi coinvolti, cioè dei principi cardine del diritto amministrativo.
Quello dell’art. 177 rappresenta un caso simile a quello del demanio marittimo che invita ad una riflessione, poiché con l’introduzione dell’art 177 D.Lgs 50/2026 il legislatore pensò di dare attuazione al principio di inclusione nel mercato di quei settori di attività rimasti sottratti, tramite la dismissione totalitaria dell’impresa del (già) concessionario di un servizio non selezionato mediante gara. Detta misura normativa fu considerata in seguito irragionevole e sproporzionata rispetto al pur legittimo ed astratto fine di promuovere l’apertura al mercato perché, secondo i giudici costituzionali, ogni intervento normativo, anche se volto a riportare nel mercato settori rimasti esclusi, deve tenere conto di tutto il quadro degli interessi in gioco e operarne una ragionevole composizione, nella consapevolezza della complessità delle scelte inerenti alla tutela da accordare alla libertà di iniziativa economica.
Va tenuto a mente che il diritto dell’UE non impone il mercato, ma solo il rispetto della concorrenza se si deve o si sceglie di andare sul mercato.
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Cos’è un servizio?
I servizi pubblici a rilevanza economica sono quelli erogati, o suscettibili di essere erogati, dietro corrispettivo economico su un mercato, che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che sono previsti dalla legge o che gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, ritengono necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale. I servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono, invece, quelli realizzati senza scopo di lucro (es. i servizi sociali, culturali e del tempo libero), che vengono resi, cioè, con costi a totale o parziale carico dell'ente locale.
La definizione di servizio implicherebbe una troppo ampia trattazione che in questa sede necessariamente va sacrificata e ridotta a due parametri essenziali identificativi, quali la sussistenza del valore economico corrispettivo di un’attività esternalizzata e la soddisfazione di bisogni collettivi di tale attività per la quale dunque è preposta e interviene la Pubblica amministrazione con risorse da imputare.
In materia di demanio marittimo attinente alla funzione turistico-ricreativa, possono essere certamente individuati come servizi, dunque affidabili dietro erogazione di un corrispettivo da parte della PA, i seguenti:
- Servizio di salvataggio;
- Servizio di pulizia della spiaggia;
- Servizio di ripascimento e posizionamento delle scogliere
- Servizi di sicurezza (altro)
Difficile da sussumere in detta fattispecie è invece l’attività di posizionamento sull’arenile di ombrelloni, cabine ed accessori per la fruizione della spiaggia, sostanziale esplicazione dell’esercizio dell’impresa in capo al concessionario del demanio pubblico.
In genere le concessioni di beni immobili – di cui le concessioni demaniali marittime sono una specie (senza poi dimenticare di distinguere il demanio costiero all’interno del demanio marittimo) – possono assumere la forma di atti autoritativi di natura negoziale che conferiscono soltanto l’uso del bene patrimoniale pubblico dietro corrispettivo canone e regolamentazione delle prestazioni.
L’autorizzazione, invece, è l’atto autoritativo a mezzo del quale l’Amministrazione pubblica consente un facere ad altro soggetto rimuovendo così un divieto generale previsto (es autorizzazione al commercio su aree pubbliche).
Diversamente la gestione di un pubblico servizio mediante conferimento dell’immobile pubblico strumentale al servizio (come previsto dalle norme del codice dei contratti) non è – ad oggi – ravvisabile nelle forme di gestione conferite mediante concessione demaniale marittima.
Potrebbero forse contraddistinguersi due diverse categorie di concessioni demaniali: quelle che comportano unicamente il conferimento del bene immobile a fini imprenditoriali privati (cioè quelle attuali) e quelle che comportano il conferimento sia del bene immobile che del servizio pubblico specifico, con prevalenza del secondo sul primo (cioè quelle che si vorrebbero delineare, ovvero concessioni di servizi di cui al codice dei contratti).
L’interpretazione data dallo stesso Bolkestein, il politico olandese commissario Ue per il Mercato interno (1999-2004) da cui prende nome la Direttiva UE Servizi (2006/123/CE) sulla concessione demaniale marittima, presso la Camera dei deputati italiana, è del seguente tenore: «per quanto mi riguarda le concessioni balneari non sono servizi ma beni, e quindi la direttiva sulla libera circolazione dei servizi non va applicata alle concessioni delle spiagge».
Che cosa è successo, allora?
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Cosa vuol dire “rispettare la Direttiva Bolkestein”?
Notoriamente, la cosiddetta direttiva Bolkestein è da ritenersi self-executing perché sufficientemente dettagliata nei propri contenuti, e dunque non necessita e non avrebbe necessitato di un provvedimento di recepimento da parte dello Stato membro in quanto direttamente incidente nella sfera giuridica e nell’ordinamento giuridico di riferimento.
Tuttavia, per rigore e volontà rafforzativa, l'Italia – all’indomani - provvide al recepimento della predetta direttiva, con il D.Lgs 26 marzo 2010, n. 59. Lo scopo del decreto fu quello di assicurare la massima libertà nell'accesso e nell'esercizio all'attività di servizi partendo dal presupposto che l'accesso all'esercizio di tali attività costituisce espressione dell'iniziativa economica ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione italiana, un principio richiamato anche nell'articolo 10 del decreto di recepimento.
Un chiaro virtuosismo accrescitivo dell’osservanza dell’ordinamento giuridico sovraordinato, con coscienza che l’autovincolo rappresenta un consapevole limite all’esercizio della discrezionalità, allorquando l’amministrazione lo pone a sé medesima in forza di una determinazione scaturente dallo stesso potere che si appresta ad esercitare.
Fin qui tutto bene e ogni dubbio circa la presunta “mancata volontà italiana” di adeguarsi formalmente a norme e principi europei va fugata, in quanto foriera di inutili appesantimenti.
Per ripercorrere la condotta del legislatore italiano degli ultimi decenni, si ricorda che altro simile eccedente rigore accadde nella redazione del codice appalti (id est codice contratti) allorquando si optò per la scelta di limitare la discrezionalità della stazione appaltante nell’applicazione delle norme sul sottosoglia. E mentre in altri stati europei l’esercizio del potere discrezionale restava più ampio per gli appalti sottosoglia, l’Italia si auto- disciplinava imponendosi norme sostanzialmente simili a quelle sul soprasoglia, in quanto ancora afflitta dalle indimenticabili vicende giudiziarie del periodo “tangentopoli”, il cui negativo riverbero è tutt’ora incardinato nella coscienza collettiva (ma il divieto della c.d. gold plating ossia di introduzione o mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee, avvalorerebbe, la massima semplificazione).
La scelta politica attuata dall’Italia nei decenni passati, sacrificando la semplificazione della disciplina applicabile ai contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, ha disposto procedure meno rapide ed efficienti del possibile (di peso sia alla Pubblica amministrazione che all’impresa privata).
Contestualmente accadeva che la stessa Europa interessata a rendere effettivo e vitale il Mercato Unico privo di barriere nazionalistiche attraverso le Direttive ricorsi (2014/23; 2014/24; 2024/25 unicamente interessanti il soprasoglia), si accorgesse che i contratti pubblici di importo inferiore alle soglie rappresentavano circa l’80% del valore dei contratti pubblici in generale. E così, seppure le citate Direttive - attuali cardini del Mercato Unico- non se ne occupano, sul sottosoglia l’Europa cominciò ad allungare lo sguardo introducendo qualcos’altro… principi aggiuntivi quali l’“interesse trasfrontaliero”.
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Che cosa significa interesse trasfrontaliero?
La codifica del principio è rinvenibile all’art. 48 comma2 del D.Lgs36/2023, sugli appalti sottosoglia: quando per uno dei contratti di cui al comma 1 la stazione appaltante accerta l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, seguono le procedure ordinarie di cui alle Parti seguenti del presente Libro
Si introduce, per le stazioni appaltanti, l’obbligo in primis di analizzare ed accertare la rilevanza transfrontaliera o meno della commessa sottosoglia nel caso di specie, in quanto tale caratteristica andrà ad incidere sulla scelta delle procedure di affidamento.
Ma sulla base di quali criteri se non quelli discrezionali?
Prova a dirlo l’Europa come e quando sussiste l’interesse transfrontaliero certo: la Corte di giustizia dell'Unione europea assume che vada valutato sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali l’importanza economica dell’appalto, il luogo della sua esecuzione e le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’appalto in questione.
In ambito demaniale le proroghe automatiche erano già espunte dalla lex specialis (reg. codice della navigazione) che all’Art. 18 (Pubblicazione della domanda) riferisce: 1. Quando si tratti di concessioni di particolare importanza per l'entità o per lo scopo, il capo del compartimento ordina la pubblicazione della domanda mediante affissione nell' albo del comune ove è situato il bene richiesto e la inserzione della domanda per estratto nel Foglio degli annunzi legali della provincia. 4. In ogni caso non si può procedere alla stipulazione dell'atto se non dopo la scadenza del termine indicato nel provvedimento per la presentazione delle osservazioni e se, comunque, non siano trascorsi almeno venti giorni dalla data dell’affissione e dell'inserzione della domanda.
Il che attesta che è già esistente nell’ordinamento giuridico italiano anche una specifica procedura di evidenza pubblica per il rinnovo delle concessioni demaniali marittime, amalgamata ai principi di concorrenza e trasparenza. A detto procedimento ricorrono normalmente i Comuni costieri subdelegati nella gestione del demanio marittimo insieme agli altri Enti interessati, in ossequio alle norme di diritto speciale.
Che la concorrenza sia una declinazione del principio di legalità dell’azione amministrativa non è un dato nuovo, né di esclusiva matrice europeista. L’ordinamento italiano, infatti, ne conosce il vigore da un centennio con l’art. 3 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, il quale stabilisce l’obbligo di gara per ogni contratto della P.A. da cui derivi un’entrata o una spesa. L’eccezione all’evidenza pubblica, precisa la norma, è ammissibile soltanto nelle ipotesi – del tutto rare - in cui si possa far ricorso alla trattativa privata (…). Essa rappresenta una deroga ammissibile solo ove adeguatamente corredata di motivazione, cioè da spiegate e particolari ragioni concrete, delle quali dovrà farsi menzione nell’atto contenente la volontà di contrarre.
Dunque i precetti comunitari sembrano ben integrati con la ratio della legge di contabilità dello Stato e del relativo regolamento, senza il contraccolpo di contrasti tra i due ordini normativi (con l’eventuale implicazione della recessione del diritto nazionale stante la supremazia del diritto comunitario); entrambi, infatti, sono sostanzialmente allineati nei contenuti enunciati e nelle finalità perseguite.
Riprendendo il concetto che qui ci interessa e cioè il significato concreto di interesse trasfrontaliero, da verificare scientificamente (e poco discrezionalmente), la dottrina ha indicato tre elementi distintivi:
- Il primo è il valore: se il dimensionamento dell’appalto (il valore economico) è in grado di attrarre operatori economici da altri mercati (potendo verificare il dato partecipativo dal confronto con altre amministrazioni… una specie di scheda statistica).
- Il secondo è la peculiarità dell’oggetto dell’affidamento tale da determinare non tanto effetti sul valore dell’appalto, quanto il coinvolgimento di un limitato numero di operatori economici (il caso di qualche raro oligopolio o scarsità di risorse).
- Il terzo è la prossimità della stazione appaltante a altri Paesi dell’Unione europea, dai quali provengono normalmente operatori economici che partecipano alle procedure di gara indette dalla stessa amministrazione (es. stazioni sciistiche a confine).
Volendo trasportare tali elementi sulle concessioni demaniali marittime, le stesse – lette alla luce dei predetti elementi criteriali -, non sembrerebbero adattarsi alla tipologia dei contratti di interesse trasfrontaliero.
Perché si tratta di:
- concessioni-contratto di beni immobili pubblici, escluse dall’ambito di applicazione del codice dei contratti per esplicito (art. 56, lett e) del Dlgs 36/2023);
- concessioni-contratto che non rientrano nella fattispecie dell’appalto di servizi, in quanto non vi è alcun corrispettivo e risorsa finanziata ed erogata dalla PA all’appaltatore per garantire ai cittadini un servizio esternalizzato con gara, né il servizio viene reso in una forma di autoremunerazione;
- concessioni-contratto per finalità turistico-ricreative, normate puntualmente dal Codice della navigazione e relativo regolamento attuativo (lex specialis) peraltro non necessariamente rispondenti ai parametri economici, specifici o legati alla tipologia del luogo.
Tuttavia fu l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nelle note sentenze gemelle n. 17 e 18 del 2021, a stabilirne la sussumibilità, affermando che la costa italiana è sempre una risorsa naturale “scarsa” e che il mercato delle concessioni balneari è un unicum inscindibile sotto il profilo dell’interesse economico. In tal modo l’Assise Plenaria ha potuto sostenere l’incompatibilità comunitaria della proroga stabilita dalla L. 145 del 2018, tanto per contrasto con l’art. 12 della Direttiva Bolkenstein, quanto con l’art. 49 TFUE.
Ma spettava al giudice amministrativo operare tale valutazione? Una pronuncia, come quelle in analisi, non “eccede” forse oltre il confine proprio della giurisdizione amministrativa, quale strumento di controllo ex post sull’atto?
E’ possibile definire in astratto ed in modo generalizzato tutte le concessioni balneari contratti di interesse trasfrontaliero certo? Non è compito della stazione appaltante, invece, procedere ad una valutazione circostanziata di tutti gli elementi pertinenti al riguardo?
E perché - si ripete - non basta l’applicazione dei principi comunitari caratterizzanti il mercato unico, ma si ricade costantemente nel codice appalti (art. 48 comma2 del D.Lgs36/2023) nonostante la materia del demanio marittimo ne sia esclusa e sia regolamentata dalla lex specialis?
Per l’Adunanza Plenaria … l’interesse transfrontaliero certo consiste nella capacità di una commessa pubblica o, più in generale, di un’opportunità di guadagno offerta dall’Amministrazione anche attraverso il rilascio di provvedimenti che non portano alla conclusione di un contratto di appalto o di concessione, di attrarre gli operatori economici di altri Stati membri.
L’interesse perseguito al tempo delle sentenze gemelle dalla Assemblea Plenaria, era quello – del tutto condivisibile - di contrariare l’idea di una infinita prorogabilità delle concessioni demaniali marittime, intesa come unica via di risposta al problema della loro scadenza.
Ma forse non poteva essere quello di stabilire che tutte le tipologie di provvedimenti economicamente appetibili, anche quelli che non portano alla conclusione del contratto (come la concessione amministrativa di suolo pubblico), quando rappresentano appetibili opportunità di guadagno o commesse pubbliche (si parla di commessa pubblica solo quando un ente pubblico stipula un contratto con un offerente privato per l'acquisizione di forniture, servizi o costruzioni, soggetti a pagamento) siano di generalizzato trasfrontaliero interesse. Perché tale affermazione porta necessariamente all’applicazione del codice degli appalti, ovvero a ritenere le concessioni demaniali marittime concessioni di servizi senza attualmente esserlo.
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L’opportunità di guadagno impone l’apertura al mercato?
Di certo le concessioni balneari sono divenute, in alcune località marittime di pregio, evidenti e importanti opportunità di guadagno, accresciute dall’avviamento e trasformate in imprese da capacità imprenditoriali individuali, nel più diversificato contesto ambientale regionale.
Dapprima dovendoci domandare quale sia - a confronto - l’interpretazione adottata dagli altri Paesi UE sul concetto di “trasfrontaliero” e sulla sua applicabilità al demanio pubblico, lo sguardo torna a posarsi sulla natura della concessione demaniale marittima e sulla comprensione del perché la proroga sia stata la sola scelta dinanzi a un problema capace di intricarsi sempre di più.
La preliminare questione della corretta configurazione giuridica del rapporto negoziale, al di là del nomen iuris, non è di poco conto. Le concessioni balneari turistico-ricreative che qui si indagano (per finalità diverse dall’erogazione di servizi pubblici e dall’esercizio di attività portuali o produttive) sono state gradualmente avvicinate alla parola Bolkestein, ma per quanto sopra detto assurgono a opportunità di guadagno (e non a erogazione di servizi).
Se inversamente parlando potessimo classificare in “servizi” tutte le attività di noleggio di sedie ed ombrelloni, di pedalò eccetera, così come le attività di ristorazione, culturali, ricreative, proposte negli stabilimenti balneari, allora bisognerebbe riconoscere che ogni autorizzazione, commessa o concessione di godimento di suolo pubblico, rilasciata all’interno di uno Stato nazionale europeo, è di interesse trasfrontaliero e che nessuna materia è esclusa dal codice contratti.
La Corte di Giustizia nella sentenza del 14 luglio 2016 escludeva che le “concessioni demaniali” rientrassero nel novero delle “concessioni di servizi” ai sensi della direttiva 2014/23/UE134, poiché «vertono non su una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì sull’autorizzazione a esercitare un’attività economica in un’area demaniale». Da ciò consegue, secondo la Corte, che “le concessioni di cui ai procedimenti principali non rientrano nella categoria delle concessioni di servizi”.
La stessa Corte di giustizia europea (C.G.U.E., Sez. III, 20 aprile 2023, n. 348) dopo sette anni è tornata a pronunciarsi sulle concessioni di occupazione delle spiagge italiane in rapporto alla normativa UE, ed in particolare in applicazione della c.d. direttiva Bolkestein, 2006/123/CE, ribadendo che ai sensi di tale direttiva, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, per l'assegnazione di concessioni di occupazione del demanio marittimo qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali.
In una recente pronuncia, il Consiglio di Stato Sezione VII, con sentenza del 30 novembre 2023, n. 10378 ha ribadito che la proroga generalizzata di cui all'art. 1, comma 683, della l. 145/2018 non può avere cittadinanza nel nostro ordinamento per il noto contrasto con gli artt. 12 e ss. della direttiva CE 123/06 e art. 49 e ss. del TFUE e che la concessione della gestione di arenili per finalità turistico-ricreative deve rispondere a criteri di imparzialità, trasparenza e par condicio.
Sull’applicabilità dei principi, certamente, si è tutti compattamente d’accordo.
Contestualmente lo stesso giudice, ha riconosciuta validamente espletata la procedura ad evidenza pubblica di un Comune costiero che, ad esito delle domande di proroga pervenute, con determina n. (…) ne ha disposto la pubblicazione per 20 giorni ai sensi dell'art. 18 del regolamento attuativo del codice della navigazione, invitando eventuali interessati a presentare osservazioni o opposizioni, in difetto delle quali avrebbe proceduto alla proroga quindicennale. L'estensione temporale delle concessioni demaniali poi avvenuta, con lo spirare del termine di pubblicazione, si è fondata su principi giuridici valevoli essendo riconosciuto che il nostro ordinamento possiede già le norme in materia.
Afferma il Consiglio di Stato (…) Giova rammentare, invero, che, conformemente ai principi del diritto unionale, come desumibili anche dalla giurisprudenza della CGUE, la concessione della gestione di arenili per finalità turistico-ricreative deve rispondere a criteri di imparzialità, trasparenza e par condicio
Le predette concessioni hanno come oggetto beni economicamente contendibili, limitati nel numero e nell'estensione, che, pertanto, possono essere dati in concessione ai privati a scopi imprenditoriali solo attraverso un confronto concorrenziale governato dai principi generali relativi ai contratti pubblici... inoltre le norme italiane che prorogano in modo automatico le concessioni demaniali marittime sono in contrasto con il diritto europeo e, pertanto, vanno disapplicate
Se ne desume che la procedura ad evidenza pubblica (art. 18 del regolamento attuativo del codice della navigazione) è istituto vigente idoneo a garantire procedure concorrenziali per l’esercizio dell’attività economica privata su suolo pubblico e che, in particolare, la concessione tramite comparazione concorrenziale dell’uso di beni pubblici per l’esercizio di attività economiche private, è istituto previsto nell’ordinamento, coerente con la libera iniziativa economica di matrice europea.
Ciò che si vuole l’Europa è far parte dell’opportunità di guadagno indotta dalle concessioni balneari, forse attendendo non ad una grande riforma ma a una grande forma di pubblicità selettiva captabile da regioni transazionali.
Pervenute le richieste da mettere a confronto, sarebbe solo la valutazione caso per caso (similmente a quanto accade all’Organo pubblico preposto nella vicina Francia) a poter garantire la certezza del diritto, palesemente sofferente a qualsivoglia generalizzazione (di proroghe come di indennizzi come anche di guadagno e interesse concreto), confidando nel corretto esercizio della discrezionalità amministrativa nella scelta dell’aggiudicatario.
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Funzione ed interesse pubblico sono sinonimi di servizio?
Condivisibile e aderente all’inviolabile principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., è la pronuncia del Consiglio di Stato, sentenza n. 5157 del 2018, importante e per certi versi storica per il tema trattato. Si afferma la possibilità di agire in deroga al necessario ricorso alla gara pubblica in ragione della rilevanza storico-culturale dell’attività esercitata, seppur foriera di opportunità di guadagno notevoli. La vicenda riguarda il rinnovo delle concessioni di tre locali di proprietà del Comune di Milano all’interno della galleria Vittorio Emanuele II, dunque di concessioni di beni pubblici. Il Comune, su conforme parere dell’ANAC, procedeva alla gara per l’assegnazione della concessione di questi locali ed i concessionari cui il rinnovo non era stato concesso, impugnavano le determinazioni del dirigente davanti al TAR Lombardia (n. 2422 e n. 2423 del 2017) che accoglieva i ricorsi annullando sia i provvedimenti di diniego delle istanze di rinnovo, sia i successivi provvedimenti di gara. Avverso tale pronuncia, il Comune di Milano presentava appello ma anche il Consiglio di Stato, con la sentenza citata confermava l’illegittimità della indizione della gara, e al punto 18 della sentenza, ha chiarito che il principio di evidenza pubblica è suscettibile di eccezionale deroga per un interesse generale: … quando in presenza di esigenze imperative connesse alla tutela di una esigenza stimata in sé superiore (patrimonio storico, ambientale, culturale ecc.), vi è possibilità di derogare al principio della gara perché sussistono interessi prioritari che prevalgono sulle esigenze stesse che sono a base della garanzia di concorrenza.
Quali sono le esigenze superiori fra le ipotesi di deroga oltre alla salvaguardia del patrimonio culturale e in genere dell’interesse storico-culturale?
Anche per il TAR Friuli Venezia Giulia n.539 del 07/12/2023, la disciplina del d.lgs. n. 50 del 2016 non si applica in toto alle procedure per l'affidamento delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo in quanto non soggette alla disciplina del Codice dei contratti pubblici ma ai soli principi di cui all'art. 4 del medesimo Codice (ex multis: T.A.R. Campania, Salerno, n. 1067/2020; T.A.R. Toscana, n. 822/2015). Non sussiste, in particolare e per quel che qui rileva, un obbligo di legge di procedere all'affidamento della concessione del demanio marittimo nelle forme tipiche delle procedure ad evidenza pubblica previste per i contratti d'appalto della pubblica amministrazione, con previa definizione dei criteri di valutazione delle offerte. L'affermazione generale di questo principio anche in materia di affidamento in concessione a privati di beni demaniali economicamente contendibili va infatti valutato alla luce della norma speciale vigente in materia di concessioni del demanio marittimo, consistente nell'art. 37 cod. nav., che nulla di ciò prevede (Cons. di Stato, n. 688/2017). Come ha correttamente affermato la difesa di (…) allora, in assenza di specifiche disposizioni richiamate negli atti, l'evidenza pubblica è quindi declinata nella lex specialis di gara (lettera di invito).
Oggi si guarda al demanio marittimo come a un bene di natura limitato, come le montagne, i fiumi, le piazze ed altro, ma nel limite in cui possa essere sfruttato per generare opportunità di guadagno. Parimenti va ricordato che è attualmente destinato a soddisfare funzioni e interessi sovrapposti, ricadenti negli ambiti di competenza dei diversi enti preposti dalla Costituzione e dalla legge al governo del territorio, portatori di interessi meritevoli di tutela delle comunità amministrate.
Infine occorrerà domandarsi se competa propriamente ai Comuni costieri in qualità di “gestori” del demanio con subdelega di poteri, quindi senza i poteri del “proprietario”, senza risorse a bilancio, senza funzione altra che quella regolamentare sull’uso del demanio, stabilire i criteri di gara.
Sarà il rialzo sul canone concessorio un prioritario e possibile criterio di interesse dello Stato proprietario? Oppure quello di matrice turistico ed ambientale che avvalorerà formule innovative, richiesta di servizi aggiuntivi, su una materia di esclusiva competenza normativa delle Regioni?
Non si ravvisa un “interesse generale” nella decisione di calibrare il prezzo di noleggio applicato ai fruitori locali, cittadini o turisti? Un rialzo significativo e troppo libero dell’offerta del nuovo aggiudicatario, comporterà il rischio di rendere le spiagge esclusive e meno accessibili a tutti?
Nella sentenza n. 204 del 5/01/2024 del Consiglio di Stato, viene negata la natura tributaria del canone, riconoscendo piuttosto che la sua quantificazione discrezionale da parte dello Stato rappresenti la modalità più idonea al perseguimento dei fini di interesse pubblico che si ritengono meritevoli di soddisfazione.
La sentenza così afferma: Il provvedimento di concessione di un bene pubblico (demaniale o patrimoniale indisponibile) esprime il rapporto tra l'interesse privato allo sfruttamento delle utilità economiche offerte dal bene e l'interesse pubblico costitutivo del carattere demaniale o patrimoniale indisponibile del bene. Il soddisfacimento di finalità pubblicistiche costituisce un elemento imprescindibile della concessione di beni pubblici, al punto da costituirne scopo e ragione essenziale, deponendo chiaramente in tal senso l'art. 37 cod. nav., laddove, in presenza di più richieste di concessione, rimette al discrezionale giudizio dell'Amministrazione la valutazione in ordine alla migliore rispondenza di un certo utilizzo anziché di un altro rispetto ad un più rilevante interesse pubblico, sottintendendo un complesso bilanciamento di molteplici profili di rilievo che si colgono, da un lato, con riguardo al vantaggio conseguito dalla collettività in ragione delle finalità pubbliche per il soddisfacimento delle quali il bene è concesso in uso ad altri e, dall'altro, in relazione al nocumento patito dalla medesima collettività a causa della temporanea sottrazione del bene all'uso libero e generalizzato cui è naturalmente o potrebbe essere destinato. Più precisamente, la concessione di beni demaniali è contraddistinta da una duplice finalità di rilevanza causale ed ossia: da un lato, il vantaggio personale ritraibile per il concessionario dall'uso esclusivo del bene e, dall'altro, il necessario soddisfacimento degli interessi pubblici perseguiti dall'Autorità amministrativa concedente all'esito della predetta complessa valutazione di bilanciamento, non essendo possibile il rilascio di una concessione unicamente preordinata a soddisfare le esigenze personali del concessionario a discapito e, quindi, senza il soddisfacimento, di qualsivoglia pubblico interesse.
Avv. Raffaella Marini
Funzionario giuridico amministrativo presso la U.O. Demanio – Comune di Pesaro