Sentenza Cassazione Penale, Sez. III, 19 giugno 2023 (ud. 13 dicembre 2022), n. 26274

a cura di Mario Palazzo 

La sentenza della Cassazione Penale non mi convince. Voi che ne pensate?

Questo mio dubbio trova origine dal fatto che sto per raccontarvi.

Sentenza Cassazione Penale, Sez. III, 19 giugno 2023 (ud. 13 dicembre 2022), n. 26274

Fatto:

  1. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino impugna la sentenza con la quale il giudice per l'udienza preliminare assolveva l'imputato dal reato di cui all'art. 2 Divo 74/2000, per aver indicato nella dichiarazione dei redditi elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture aventi ad oggetto operazioni inesistenti, per essere il fatto non punibile ai sensi dell'art. 13 D.Ivo 74/2000, avendo provveduto al pagamento integrale del debito tributario. 2. Il ricorrente, con unico motivo di ricorso, deduce erronea interpretazione della disposizione di cui all'art. 13, comma 2, D.Ivo 74/2000, in quanto il ravvedimento operoso con integrale pagamento del debito tributario, non era intervenuto prima che l'autore del reato avesse avuto formale conoscenza di accessi, verifiche, ispezioni o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimento penale, ma successivamente ad esso, essendo stato chiamato dall'Agenzia delle Entrate a chiarimenti nel corso di una verifica compiuta nei confronti della società s.r.I., la quale aveva emesso fatture per operazioni che si ipotizzano inesistenti, indirizzate alla ditta individuale del In particolare, si duole del fatto che il giudice non abbia considerato le richieste di chiarimenti rivolte all'imputato dall'Agenzia delle Entrate come uno degli atti in grado di determinare formalmente la conoscenza di un accertamento amministrativo, non potendosi ritenere che in quella fase le indagini nei confronti della società emittente le fatture false non fossero indirizzate anche all'imputato, quale utilizzatore delle fatture false: ciò in quanto la norma in questione non richiede, secondo il Procuratore ricorrente, che l'attività di accertamento amministrativo debba essere rivolta al soggetto potenzialmente interessato al ravvedimento, essendo carente l'espressione linguistica "nei suoi confronti". Richiama in proposito la parallela previsione contenuta nella I. 15 dicembre 2014 n.186 in tema di discovery closure, ove il legislatore ha ritenuto espressamente di precisare che la preclusione alla collaborazione volontaria scatta anche quando il contribuente abbia avuto conoscenza di accessi e indagini "anche nei confronti di obbligati solidali o concorrenti nel reato".

La Cassazione Penale, Sez. III, 19 giugno 2023 (ud. 13 dicembre 2022), n. 26274
respinge il ricorso della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino  sostenendo che essere stato chiamato a fornire  chiarimenti in modo indiretto cioè  nell’ambito di verifiche svolte nei confronti di un soggetto probabilmente implicato in altro  reato non corrisponde ad avere avuto cognizione di un accertamento compiuto nei propri confronti, venendo in tal modo   meno quella conoscenza- formale- richiesta dalla legge , in quanto l’accertamento non essendo riferito direttamente al soggetto, deve ritenersi secondo la S.C. conforme alla voluntas legis-intenzione del legislatore- che dà luogo ad  una soluzione interpretativa che non limita l’applicazione della norma premiale nei confronti di un soggetto, nel caso di specie  l’utilizzatore delle fatture, per operazioni inesistenti ex art. 2 D.lvo 74/2000, che stando a questa interpretazione rimane   estraneo all’attività di accertamento compiuto sul soggetto che ha emesso  le suddette fatture.

Considerazioni Personali:

1)Da quel poco che conosco mi risulta che nel momento in cui perviene una fattura il ricevente ha l’obbligo di verificare se gli elementi in essa riportati sono giusti e reali ovvero è tenuto a respingerla immediatamente al mittente;

2)Se ciò, nel caso di specie non è stato fatto sia che scaturisca da una superficialità dell’impresa che da una mera svista o da una insufficiente approfondito esame della documentazione nulla toglie alle responsabilità obiettiva ed oggettiva attribuibili all’impresa ricevente che riporta addirittura nella dichiarazione dei redditi tali fatture quali elementi passivi fittizi;

3)A nulla vale che l’utilizzatore delle fatture, non appena interpellato per riscontro dalla Agenzia delle Entrate abbia provveduto a porre in atto  il ravvedimento operoso con integrale pagamento del debito tributario, ciò infatti  non era intervenuto prima che l'autore del reato avesse avuto formale conoscenza di accessi, verifiche, ispezioni o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimento penale, ma successivamente ad esso, essendo stato chiamato dall'Agenzia delle Entrate a chiarimenti nel corso di una verifica compiuta nei confronti della società s.r.I., la quale aveva emesso le fatture;

4)Non mi spiego se il reato cambia la propria forza se riscontrato in modo diretto o meglio “formale” nei confronti del ricevente le fatture ovvero riscontrato in modo indiretto vale a dire con riscontro casualmente incrociato.

5)In conclusione, a mio parere, ha ragione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino in quanto, secondo il mio modo di vedere ma probabilmente volo troppo basso rispetto  alla Suprema Corte di Cassazione, l’utilizzatore delle false fatture ha identica responsabilità rispetto a colui che ha emesso le fatture e quindi entrambi perseguibili per lo stesso reato.-

Voi cosa ne pensate?

Scritto e Commentato da Mario Palazzo