di Luigi Oliveri
la riforma degli appalti nel sottosoglia non sarà ammissibile selezionare gli appaltatori con le procedure ordinarie.
La tesi secondo la quale non sia addirittura possibile, nel sottosoglia, utilizzare le procedure ordinarie, tuttavia, non pare possa essere accolta.
Il nuovo codice dei contratti non configura l’affidamento diretto o la procedura negoziata senza bando come una possibilità, vero. Ed utilizza l’indicativo presente, avente in generale valore imperativo, per stabilire che nel sottosoglia le stazioni appaltanti “procedono” con i due sistemi indicati sopra.
Ma, nel caso di specie, l’assertività del legislatore non può essere considerata come un obbligo.
Non regge nessuna delle argomentazioni proposte. Non quella letterale: il fatto che il legislatore disponga che nel sottosoglia si proceda con affidamento diretto o attraverso procedura negoziata senza bando non può essere letto come obbligo o vincolo: occorre, infatti, verificare se non si tratti pur sempre di un regime che deroga a quello delle procedure ordinarie.
Quindi, è necessario valutare sempre le disposizioni del sottosoglia alla luce dei principi comunitari, nella consapevolezza che detti principi nel sottosoglia si attenuano, ma non si cancellano.
Dunque, il valore della massima concorrenza, trasparenza e pubblicità delle procedure di gara non viene azzerato.
I sistemi dell’affidamento diretto, in particolare, e della procedura negoziata senza bando, sono ammessi espressamente dal legislatore, ma come garanzia minima di concorrenza, pubblicità e trasparenza: tanto è vero che detti affidamenti a garanzie comunitarie attenuate si reggono solo a condizione di applicare come puntello e rimedio alla lesione potenziale al mercato il principio della rotazione.
Se davvero fosse stabilito dal legislatore un divieto nel sottosoglia a selezionare le imprese con le procedure ordinarie, allora non avrebbe senso il richiamo alla rotazione.
Ma, l’analisi delle norme non può fermarsi alle sole disposizioni di settore. Non si deve dimenticare che l’ordinamento è un complesso e che l’azione amministrativa è sorretta, tutta e sempre, da due disposizioni fondamentali:
l’articolo 97, comma 2, della Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”;
l’articolo 1, della legge 241/1990: “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princípi dell’ordinamento comunitario”.
Tali norme offrono una puntuale ed insuperabile smentita alla tesi secondo la quale nel sottosoglia sarebbe obbligatorio avvalersi dell’affidamento diretto e della procedura negoziata senza bando, con simmetrico e conseguenziale divieto implicito delle procedure ordinarie.
Anche il presidente dell’Anac cade nell’affermazione che il nuovo codice dei contratti nel sottosoglia imponga gli affidamenti diretti, sicchè, simmetricamente le procedure ordinarie, quella aperta in particolare, risulterebbero vietate.
Nell’articolo “Lavori, appalti senza avvisi” pubblicato su Italia Oggi dell’1.4.2023, intervistato da Francesco Cerisano, il presidente Busia afferma: “Le regole che erano eccezionali con il nuovo Codice diventano ore ordinarie. Il Codice non si applicherà al Pnrr ma alla normalità e per questo non condividiamo la scelta di aver reso strutturali tout court regole stabilite per velocizzare gli appalti Covid e Pnrr. In primis, l’avere previsto che fino a 140 mila euro per servizi e forniture ci sia l’affidamento diretto con esclusione di ogni procedura negoziata, là dove pure l’amministrazione ne avesse la disponibilità e ritenesse di farlo”, aggiungendo che “nella normalità della gestione di un ente pubblico si debba avere la possibilità anche sotto i 140 mila euro di scegliere la procedura negoziata per servizi e forniture”.
Il presidente Anac ritiene che il codice, nel disciplinare l’affidamento diretto nel sottosoglia fino ai tetti di spesa indicati escluda le procedure negoziate; indirettamente, ciò può estendersi anche alle procedure aperte o ristrette, come del resto già parte della dottrina sostiene.
Dunque, occorre considerare che al di sotto delle soglie di 140.000 euro per servizi e forniture, e 150.000 euro per lavori pubblici, sia ammesso solo l’affidamento diretto?
Una lettura del testo del codice acritica e ferma alla sola interpretazione letterale, porta a questa conclusione. Ecco il testo:
“Salvo quanto previsto dagli articoli 62 e 63, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 14 con le seguenti modalità:
a) affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante;
b) affidamento diretto dei servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante”.
Eppure, tale modo di vedere non convince e chi scrive resta dell’idea che essa non sia sostenibile ed accoglibile.
Il testo della norma del codice, sul piano testuale, effettivamente non qualifica l’affidamento diretto come una possibilità o facoltà. Sparisce la previsione contenuta, invece, nel d.lgs 50/2016, che all’articolo 36, comma 2, lasciava “salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie”.
Il legislatore, poi, utilizza l’indicativo presente, le PA “procedono” all’affidamento diretto, utilizzando un tono che nel lessico giuridico ha valore imperativo.
In ogni caso, si resta della ferma convinzione che nel sottosoglia l’affidamento diretto non possa comunque essere considerato obbligatorio, sicchè resta, come corretto che sia, solo una possibilità.
Non si deve dimenticare che l’articolo 48, comma 4, del codice dispone: “Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”.
Il codice appare chiaro: le disposizioni relative al sottosoglia costituiscono un complesso in deroga all’insieme delle norme codicistiche.
Ma, allora, poiché è così, vale sempre la solita questione: le norme di deroga non abrogano le norme derogate, che restano vigenti e, quindi, applicabilissime, sempre, laddove la PA ritenga di non avvalersi della deroga.
Tra le norme del codice, non certo derogate dalla parte relativa al sottosoglia, vi sono i tanto decantati principi. Non si fa che parlare dei principi, del tutto vuoti, del “risultato” e della “fiducia”. Ma, l’articolo 3, in bellissima evidenza enuncia il “Principio dell’accesso al mercato”, disciplinandolo come segue: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità”.
Non c’è nessun dubbio: l’affidamento diretto, ancorchè ammesso in relazione all’ammontare dell’importo di gara (attenzione al rischio dell’estensione incontrollata del frazionamento artificioso degli appalti), costituisce comunque uno sviamento dai principi indicati.
Ecco perché, nonostante la banalizzazione di molti, l’affidamento diretto non è per nulla una sorta di terreno neutrale, nel quale la scelta diviene sostanzialmente arbitrio indimostrato e indimostrabile. Oltre a dover garantire ai cittadini la certezza che l’operatore scelto anche senza gara disponga di tutti i requisiti tecnici coi fiocchi e di un rapporto esemplare con la PA (curriculum immacolato, referenze positive, pagamento puntuale di contributi e imposte e tasse), debbono comunque garantire che l’affidamento diretto non incide sulla concorrenza per una qualche ragione, la quale non può che comunque riferirsi ad una sia pure minima verifica delle condizioni di mercato.
L’affidamento diretto, insomma, non può mai essere privo assolutamente di motivazione, di quella trasparenza minima necessaria per capire il perché dell’azione e la sua efficacia. E il principio di trasparenza, come visto prima, è espressamente ed irrinunciabilmente enunciato, né può essere dimidiato in conseguenza del valore economico del contratto.
In ogni caso, le procedure ordinarie, come anche le procedure negoziate informali mediante avviso di manifestazione di interesse e successivo invito, non possono considerarsi vietate o escluse nel sottosoglia.
Con l’inversione procedimentale, le procedure aperte si possono svolgere in termini brevissimi, tutti contenibili nei termini fissati dall’allegato 1.3, che, per altro, non quantifica i termini per gli affidamenti diretti.
In ogni caso, i principi enunciati dall’articolo 3 del codice non sono frutto del solo codice, ma discendono dalle Direttive Ue e dalla Costituzione. Nel sottosoglia tali principi non si cancellano: si attenuano gli strumenti formali per garantirne il rispetto.
Pertanto, concorrenza, trasparenza e pubblicità delle procedure di gara restano valori irrinunciabili, rispetto ai quali non può che restare scelta discrezionale e ponderata di ciascuna PA decidere come applicarli, in relazione alle circostanze specifiche di ogni affidamento. Rilevata l’opportunità di utilizzare sistemi di affidamento più aperti alla concorrenza, l’applicazione di principi costituzionali e di derivazione comunitaria non può comportare nessuna illegittimità della scelta. Semmai, una valutazione sul merito, che, però, è totalmente inibita ai Tar.
Se, del resto, davvero il legislatore avesse inteso l’affidamento diretto come sistema esclusivo del sottosoglia, tale da vietare sistemi di aggiudicazione più concorrenziali e trasparenti, allora non avrebbe senso il richiamo alla rotazione, principio posto proprio come rimedio alla forte riduzione di pubblicità, trasparenza e concorrenza insiti negli affidamenti diretti.
Fonte: ASMEL.EU